In questo periodo non posso dedicarmi al vino e scriverne come vorrei perché assorbita da problemi legati all’assistenza di mia madre, invalida grave: le solite faccende di cura che ricadono inesorabilmente su noi donne. Scrivere di vino, per me, come per chiunque lo faccia con cognizione di causa, significa avere tempo per documentarmi, approfondire, confrontare, riflettere oltre che degustare: non riuscendo a fare tutto questo, con rammarico rinvio l’attività a tempi migliori, ma nell’attesa mi dispero.
In questo stato di abissale frustrazione mi imbatto nel caso di due signore che, con account Instagram di successo, “parlano” di vino in modo molto sbrigativo e per immagini, come Instagram impone: immagini di bottiglie, certo, ma accompagnate, quasi sempre, da primi piani di scollature delle signore e/o atteggiamenti svenevoli e ammiccanti delle stesse. Le signore, o signorine, sono delle influencers di successo, con migliaia di followers…oh yes!
Che si fosse trattato di vino, di batterie di pentole o di aspirapolveri, l’approccio delle nostre, per come concepiscono la comunicazione, sarebbe stato il medesimo: peccato che sul vino ci sarebbe molto di più da esprimere con parole, racconti e immagini.
Le mie proteste per lo scarso spazio concesso alla critica enologica femminile, le mie rivendicazioni nei confronti di un maggior peso del pensiero femminile sul dibattito attorno al vino, la mia rabbia per vedere ignorate le voci femminili in contesti in cui si parla di vino, si sfracellano contro queste scorciatoie comunicative che in un sol colpo vanificano battaglie storiche contro stereotipi sessisti e misogini e contro i pregiudizi sull’autorevolezza delle donne a discettare i vino. Più in generale, in un sol colpo si fa beffe di chi parla e scrive di vino con serietà e volontà di approfondire, uomini o donne che siano, ma anche di chi fa il vino con pari scrupolo e dedizione (le aziende sponsorizzate sono consapevoli di esserlo? Sanno di essere usate per incrementare i like delle due Instagramers?)
Le influencers battono inesorabilmente le blogger: i dati parlano chiaro.
Le signore sono sommelier titolate, ma non me ne vogliano se sollevo dubbi sulle modalità con cui tal titolo è stato loro conferito perché il social style delle medesime è il primo loro detrattore: facilmente si insinua il dubbio che chi adotta certe facili strategie di consenso e approvazione, le adotti sempre.
In ultimo mi sorprendono, se possibile ancor di più, i like che costoro ricevono da molte donne, anche donne che di vino disquisiscono in termini di sostanza. Perché? Sono la prima a riconoscere il diritto di ciascuna di disporre con libertà del proprio corpo: se le signore avessero esposto le loro anatomie nascoste al solo scopo di sponsorizzare le stesse non avrei avuto nulla da eccepire (certo, ugualmente non sarei stata una loro follower); ma in questo caso c’è una strumentalizzazione furba, calcolatrice e dannosa per tutte noi, che è identica a quella di quei cartelloni pubblicitari che giustamente ci indignano, in cui il corpo femminile è piazzato come esca per promuovere la qualunque.
La mia frustrazione cresce, non so la vostra.
Disclaimer: ho manipolato le immagini, soggette a copyright, per renderle meno riconoscibili. Ma se richiesto le rimuovo prontamente.
Rispondi