Un nuovo corso per il Montefalco Sagrantino.

Calici anteprima
Con una Docg istituita nel 1992 e un’ascesa al successo collocabile tra la fine degli anni ’90 ed inizio 2000, la storia del vino Montefalco Sagrantino è recentissima e ancora da scrivere. Dopo il primo corso, segnato da vini grassi e fortemente marcati dal legno, in linea con il gusto del tempo, oggi si rincorre uno stile più sobrio (nei limiti consentiti dal vitigno), più sottrattivo ed elegante. L’esperienza dei produttori della prima ora è tale da consentire loro di giocare con perizia la carta del Sagrantino new-style e quelli comparsi da poco sulla scena produttiva non hanno bisogno di cambiare passo per abbracciare il nuovo corso. Restano davvero isolati i casi di aziende che continuano a seguire la vinificazione vecchia maniera, forse per non deludere una clientela ormai fidelizzata e legata ad un gusto più tradizionale o semplicemente perché quella è la cifra stilistica a cui sono affezionati.
I vigneti piantati nel corso degli anni ’90 e ormai maturi (in sette, otto anni si è passati dai 180 ettari di Sagrantino agli oltre 700, utilizzati anche per il rosso) forniscono uve con carica polifenolica oggi più amministrabile e i vignaioli hanno imparato a gestire le vigne anche in presenza di avversità climatiche stagionali: un mix di fattori virtuosi che ha iniziato a palesarsi in bottiglia nelle ultime tre o quattro annate, nelle quali sempre più diffusamente si apprezzano vini meno muscolari e ottimamente bilanciati tra frutto e carica tannica.
La minor irruenza polifenolica ha consentito un utilizzo più oculato e prudente del legno e con esso la salvaguardia dei caratteri primari e secondari del Sagrantino. Questa nuova veste conduce immediatamente ad una maggiore aderenza del vino al territorio che è la direzione intrapresa oggi dalla vitivinicoltura in generale. Tale direzione, che piaccia o meno, è stata impressa dal vino “naturale” che al netto di certe sue ingenuità o derive ha costretto il mondo del vino ad una riflessione differente e a spostare la narrazione (e l’interesse) dall’etichetta al territorio.
Il territorio di Montefalco trova oggi nel Sagrantino un interprete fedele delle sue peculiarità pur nelle differenze di interpretazione che, vivaddio, restano tra i produttori.
Anteprima sagrantino
L’ultima annata, presentata in anteprima pochi giorni orsono a Montefalco, è la famigerata 2014 segnata da un’estate fredda e piovosa, ma salvata ai supplementari da un pre-vendemmia dall’andamento più favorevole. La maturazione polifenolica e zuccherina ha risentito del clima, ma la cura dimagrante ha fatto più che bene al Sagrantino. Immutati i tratti stilistici prevalenti nei Sagrantino degli ultimi anni: poco legno, tannini non graffianti, buon frutto innervato spesso da richiami di erbe aromatiche, alcol ben integrato. L’eleganza è raggiunta da pochi, ma il tempo, vero amico del Sagrantino, farà emergere molti altri.
Tra i campioni di botte o in affinamento,  mi va di segnalare i seguenti, tutti testati alla cieca:
Moretti OmeroVignalunga, dalla non scontata armonia, data la gioventù, tra frutto, acidità e bel tannino, oltre ad un sostrato di spezie dolci che non invade.
Tenuta Bellafonte, Collenottolo, appare già pronto e colpisce subito il naso con una vastità di aromi tra fiore, frutto e spezie piccanti per poi finire in bocca con veste elegante e tannino carezzevole.
Napolini, dai bei profumi fruttati con spruzzata di pepe, esile al palato, ma con sostanza e tannino giusto.
Valdangius, Fortunato, con fiori, frutti e profumi balsamici che anticipano un assaggio equilibrato tra freschezze acido tanniche e bel frutto croccante; tannino destinato a buona progressione nel tempo.
Antonelli, credo uno di quelli destinati a più lunga vita con un profilo olfattivo che non esagera in note dolci e burrose, bilanciate da sfumature erbacee e che entra in bocca con dinamismo e verticalità lasciando un finale di frutto che emerge pian piano.
Scacciadiavoli, si offre al naso con sfumature di felce e sottobosco mentre all’assaggio ha un incipit affilato che non maschera le sensazioni fruttate.
Tenuta Alzatura Cecchi, erbe aromatiche, frutto e fiore; bocca morbida in ingresso, poi svettante al centro bocca con tannino ancora mordente.
Le Cimate, sfodera all’olfatto un corredo di note balsamiche, fruttate e di fiori viola freschi; ancora in cerca di equilibrio il sorso, con un tannino esuberante, frutto che va e viene, freschezza e finale al cacao.
Arnaldo Caprai, 25 Anni, più floreale che fruttato al naso, con spruzzi di vaniglia. Assaggio morbido al primo impatto, com’è nel suo stile, con progressione acido tannica ancora un po’ slegata dal resto, ma in fieri.
Villa Mongalli, Della Cima, bel profumo fruttato con incursioni mentolate e floreali; sorso sulla falsariga del precedente, morbido e vellutato al primo impatto e sul finale, acido tannico in fase intermedia, con tannino fine.
Tudernum, Fidenzio, remote note dolci e speziate in controcanto a lievi inserti balsamici ed erbacei. Si sparge nel palato con sensazioni morbide per poi virare su una freschezza che pecca solo di poca persistenza.
Tabarrini, Colle Grimaldesco, frutto macerato, balsamicità, fiori viola, erbe aromatiche. In bocca un gradevole mix tra polpa fruttata, freschezza e tannino.
Tabarrini, Campo alla Cerqua, sensazioni olfattive di nuovo poliedriche e un assaggio che da rotondo si fa triangolare, fresco ed equilibrato.
Tabarrini, Colle alle Macchie, già all’olfatto mostra una direzione marcatamente arrotondata, con sottili innervature balsamiche. La bocca lo conferma e il tannino recita la parte di comprimario poco invadente.
Fattoria Colleallodole, Milziade Antano, Colleallodole, si presenta con schietti ed eleganti profumi floreali e fruttati e saluta con un frutto croccante in bocca e un tannino che dà bell’equilibrio tra morbidezze e durezze.

Stili diversi, con un denominatore comune riconoscibile.
Il prossimo passo, auspicato dagli esperti, sarà quello della definizione di zone distinte all’interno dei cinque comuni della Docg, ciascuna con tratti peculiari derivanti dalla diversità di suolo, clima, esposizone dei vigneti ecc. con conseguente riconoscibilità nel bicchiere. Lontani, ormai, i tempi della omologazione del gusto del vino, tale strada è oggi facilmente percorribile.

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