“Anna beve solo Negroamaro” dichiara uno dei personaggi del romanzo che sto leggendo. Tanto è bastato per farmi ricordare che ho una bottiglia di Negroamaro, ormai nel fiore degli anni (vendemmia 2014): l’IGT Salento di Francesco Marra. Per una come me che non consuma pasti impegnativi o particolarmente sostanziosi, i 15,5 gradi alcolici del vino (probabilmente 16) hanno sancito la sua esclusione prolungata dal desco. Dalla punta estrema della Puglia, dove i due mari si incontrano, provengono le uve di questo vino che assaporano il sole cocente e la brezza marina di quel luogo, oltre a trarre linfa e nutrimento da un terreno di argille rosse, ricche di ferro e potassio.
Fermentazione spontanea in tini di rovere da 15 ettolitri e follature eseguite a mano con bastoni di legno di ulivo, sono il trattamento riservato alle uve dopo la vendemmia. Segue un affinamento nei tini, per dodici mesi, e ulteriore affinamento in bottiglia. Ne esce un vino di una ricchezza olfattiva strabiliante, corredata da profumi a dominanza fruttata, fatta di frutti scuri maturi e zuccherini, seguiti da sentori tipici della macchia mediterranea e contrappunti di erbe aromatiche; forte è a sensazione salina e iodata. L’assaggio ribadisce il taglio fortemente fruttato del vino, oserei dire denso e glicerico. Il tannino è ormai quasi silente, ma al suo posto, la sostanza materica che ammanta il palato viene in parte disinnescata da un tocco erbaceo-amaricante e da una “ventata” marina che riesce a rinfrescare il sorso.
Lunga e persistente è la scia gustativa che conferma la ricchezza e la complessità del vino.
Pur non avendo particolare passione per vini di così marcata matericità, non posso negare l’ottima fattura del Negramaro di Francesco Marra. Ultima, ma non meno importante notazione: il calore alcolico non è percepito dal palato e non interferisce nell’assaggio

L’unico appunto da fargli è legato
all’assenza dell’astringenza tannica che ha tolto un po’ di spinta verticale al vino, pur senza mascherarne la qualità, ma è una pecca dovuta al ritardo della stappatura: vini del genere andrebbero consumati nel fiore dei loro anni

Devo procurarmi altre bottiglie del Negroamaro di Francesca Marra e questa volta non devo farle aspettare. Fossi anch’io una che beve solo Negroamaro sarebbe faccenda risolta.
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