Dici Sangiovese e pensi ad un’infinità di biotipi, di stili, livelli qualitativi, territori e tipologie vitivinicole. Non per caso è il vitigno a bacca rossa più coltivato in Italia con ubiqua diffusione da Nord a Sud. L’Italia centrale ne è la maggior depositaria con Toscana, Emilia Romagna, Umbria e Marche a detenere il primato. Citare il Sangiovese di Toscana significa, con ogni probabilità, pensare alle più rinomate Docg del Paese, ma non sta solo in quei territori l’eccellenza vitivinicola incarnata dal sangiovese. Come dimostra l’azienda I Mandorli, in Val di Cornia, nell’entroterra della Costa degli Etruschi, non lontano dal Golfo di Baratti. Viticoltura biodinamica e assenza di interventismo in cantina, come testimonia Massimo Pasquetti: “La cantina è un luogo di attesa, secondo noi ci si deve lavorare meno possibile. I procedimenti di correzione oggi ritenuti indispensabili a noi non servono.” Per capire che non servono basta stappare il Sangiovese de I Mandorli che è un capolavoro di equilibrio, sobrietà e finezza. Vinificato in cemento, svinato e affinato in botti di rovere da 16 hl per 18 mesi, viene poi trasferito due mesi in vetrocemento prima dell’imbottigliamento.

Ho stappato una 2012, oggi al suo picco qualitativo. Ha una piacevolezza olfattiva incarnata da una succulenta sequenza di frutti di bosco maturi e marasca; geranio e violetta tra i corredi floreali, istoriati da ricordi balsamici, profumi del sottobosco e richiami decisi di macchia mediterranea. I terziari non si fanno attendere con l’incedere di sfumature di spezie dolci, cuoio e tabacco. L’assaggio è l’apice del piacere con una sua struttura signorile, ma per nulla invadente: ha un’avvolgenza fruttata, succosa ed elegante, che viene vivacizzata da toni di spezie piccanti e da una sobrissima astringenza tannica: quest’ultima intriga, innerva, slancia in graduale verticalità il finale dell’assaggio che si chiude sulle note di una freschezza prolungata, non priva si sottili note sulfuree. Che buono.
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