Anteprima 2018 del Chiaretto del Lago di Garda: il trionfo del bere “rosa”.

Ingrato destino quello dei vini rosati in Italia. Nel Paese delle dicotomie, della rivalità tra Guelfi e Ghibellini, tra vini “naturali” e vini “convenzionali”, tra vini fermi o bollicine, tra vini bianchi o rossi, tertium non datur. 20190310-AnteprimaChiaretto2019-DoganaVenetaLazise-ConsorzioBardolino-StudioCru-92-3872x2904
E dire che dalle parti del Caucaso, qualche migliaio di anni fa, la prima scoperta fu che spremendo un acino di uva a bacca nera fuoriusciva un liquido che per magia, a contatto con l’ossigeno, diventava rosa; forse lo scoprirono autonomamente pure nel mondo ellenico o addirittura già in epoca pre o protoellenica, forse pure in ambito italico: insomma la prima idea di vino, frutto del caso, non poté che essere quella di un rosato. Finché, affina che ti affina la tecnica enologica, i rosati sono stati surclassati dai vini macerati; ma non ovunque. Restano ancora oggi territori che non hanno mai abbandonato la vinificazione in rosa perché la combinazione di vitigni, terreni, microclima e, non ultima, cucina locale, ne ha rappresentato la chiave vincente: le due rive del Garda, l’Abruzzo, la Puglia, presumibilmente anche l’area di Cirò, sono le aree vitivinicole in cui il rosato, con sfumature diverse, è rimasto al centro della vitivinicoltura. Peccato che il consumo del vino rosato di questi luoghi sia ancora prevalentemente circoscritto alle stesse zone di produzione o al più destinato ad un mercato estero di nicchia. La Francia domina con un consumo interno di vini rosati pari ad oltre un terzo del consumo totale. In Italia la vendita di vini rosati, dopo un lieve incremento degli scorsi anni, è di nuovo scesa attestandosi ad un misero 5,5% nel 2018.
Da quando si è iniziato a porre l’attenzione verso questa tipologia di vino ingiustamente negletta, soprattutto da quando ci si è resi conto che all’estero il vino rosato è contemplato più che da noi, molto produttori, da Nord a Sud dello stivale, hannno visto nel rosato un’opportunità nuova: da qualche anno non c’è cantina che non ne annoveri un’etichetta. Alcune decisamente di qualità, molte altre palesemente specchietto per le allodole e nulla di più: il che non giova alla tipologia.

Giova assai, invece, puntare l’attenzione sui rosati della tradizione e in questo senso è lodevole l’iniziativa dei Consorzi Di Bardolino e Valtenesi, sulle due sponde del Lago di Garda, di dare risalto all’anteprima della nuova annata dei Chiaretti, cioè i vini rosati, o per meglio dire, rosa, del Garda veneto e lombardo. Quarantuno produttori della Doc Bardolino e ventidue della Valténesi (appellazione della Doc Garda Classico), lo scorso 10 e 11 marzo, a Lazise (Vr), hanno presentato al pubblico e alla stampa l’annata 2018 dei Chiaretti.

calici chiaretto
Sulle due rive del Garda si sta lavorando da qualche anno in sintonia per una rivoluzione stilistica che è anche di sostanza e che ormai è giunta alla meta: dare vita ad un vino dalle sfumature rosa pallido a cui corrisponde un gusto delicato di fiori bianchi, frutti rossi freschissimi, spesso intonati al sapore di arancia rossa, con netti rimandi alle erbe mediterranee: il tutto innervato da spiccata sapidità tipica del terreno originato dai detriti della roccia morenica alpina. A questa nuova veste cromatica, che tanto somiglia a quella dei rinomati rosati del Sud della Francia, ma che differenzia i vini del Garda dal Cerasuolo abruzzese e dai rosati pugliesi o calabresi, si preferisce attribuire termine di vino rosa. Una struttura così delicata, ottenuta per lavorazione a lacrima, senza o con brevissima macerazione (tecnica introdotta dai romani attraverso la diffusione del torchio che può solo pressare le uve) deve poter contare sulla salubrità delle uve e su una vendemmia che ne garantisca la perfetta maturazione, né troppo avanzata, né troppo anticipata. E qui, oltre alla maestria del vignaiolo, entra in ballo il clima di stampo mediterraneo che accarezza i territori attorno al Garda meridionale e che stempera gli eccessi climatici di estate e inverno.

I Chiaretti 2018 hanno mostrato una sostanziale omogeneità di base che deve ancora attendere per articolarsi su linee differenti tra un’azienda e l’altra: troppo presto per valutare lo sviluppo prossimo dei vini appena in commercio. Ma alcune suggestioni hanno evidenziato già il piglio di qualche esemplare. Per i Bardolino (ricordo che sul versante veneto il vitigno base del Chiaretto è la Corvina a cui si può affincare Rondinella e Molinara) segnalo la cantina Villa Calicantus (campione di vasca) che si discosta leggermente dal rosa pallido esibendo un coloro più scuro: al naso sfoggia una varietà infinita di sentori fruttati che spaziano dal giallo al rosso, dal più dolce all’agrumato, poi il floreale, dalla rosa tea alla violetta di prato, poi ancora il balsamico e una sequenza di erbe aromatiche che si intrecciano con vivacità; in bocca squaderna una densità materica fruttata e fragrante, balsamica e leggermente tannica e una sapidità in equilibrio perfetto con tutto il resto. Villa Calicantus è a conduzione biodinamica. Dopo tale assaggio sono andata a scoprire altre loro annate: la 2014 spicca per succosità e profondità. banchi assaggio chiaretto
Villa Medici è stata un’altra bella sorpresa: al naso prevalgono frutti rossi freschi, dalla fragolina di bosco al melograno, ma non manca di complessità derivante da sensazioni floreali e balsamiche con qualcosa di dolce e speziato; in bocca denso e gustoso, richiama sentori di mediterraneo, di solarità e calore con la sapidità che resta sullo sfondo ad innervare l’assaggio. Freschezza in allungo che invita a nuovo sorso.
Segnalo velocemente altri assaggi di spicco dalla Doc Bardolino: Guerrieri Rizzardi, Vigneti Villabella (con i tre vini in ateprima), Poggio delle Grazie, Tommasi Viticoltori, Cavalchina, Domìni Veneti, Le Ginestre, Le Morette, Monte del Frà, Marcello Marchesini, Tenuta La Presa.
Per la Valtenesi (Chiaretti a base di Groppello affiancato, in misura minore, da Marzemino, o Barbera, o Sangiovese o Rebo) vorrei menzionare il Chiaretto “Preafète” di Podere dei Folli, dagli intensi profumi fruttati, balsamici, erbacei, punteggiati da aromi di fiori bianchi: in bocca appare già compiuto l’equilibrio tra freschezza, sapidità e sostanza fruttata. Poi Avanzi, con “Il vino di una notte” che offre al naso note di frutta a polpa gialla con virate verso l’arancia sanguinella e un floreale appena accennato, mentre il sorso, dopo un ingresso segnato da frutto croccante, lascia spazio ad una scia di freschezza lunga e delicata. La Basia e il suo “La moglie ubriaca” non concede nulla alla piacioneria olfattiva, ma si erge con note fresche, di erbe aromatiche, rari fiori bianchi, mandorla, ribes per poi esaltare il gusto con slancio verticale composto di giusta sapidità, freschezza misurata e lunghezza gustosa.
Tra i Chiaretti Valténesi assaggiati in anteprima cito ancora il “Roseri” di Ca’ Maiol, e il “Rosamara” di Costaripa.

Due degustazioni guidate hanno completato l’ampia offerta della due giorni di Lazise: una, condotta da Mattia Vezzola, enologo di Costaripa, ha mostrato le potenzialità di invecchiamento del Chiaretto che fa legno. L’altra è stata gestita con la solita maestria e vivacità da Angelo Peretti, paladino dei Chiaretti e dei rosati in generale, che ha voluto farci giocare con il confronto alla cieca tra vini rosa del Garda e rosé francesi, tutti dell’ultima annata. dav
La sospresa è stata veder piazzarsi come miglior vino della batteria un esemplare del Garda, il Chiaretto di Guerrieri Rizzardi che ha surclassato il vino più apprezzato dal mercato americano, il “Whispering Angel” di Château d’Esclans, della Aoc Côtes de Provence. Quale insegnamento trarne, oltre al fatto che i vini rosa di casa nostra non sfigurano di fronte agli omologhi francesi? Che i Chiaretti e i Rosé, frutto di una medesima tecnica di vinificazione, molto essenziale, consistente nella semplice pressatura con brevissima maceraziona a basse temperature, hanno bisogno di tempo per differenziarsi e per mostrare le peculiarità del territorio di provenienza: una ragione in più per tornare ad assaggiare i vini rosa del Garda quando avranno rivelato la loro singola essenza. Ultima notazione da non sottovalutare: i Chiaretti del Garda offrono la rarissima possibilità di bere vini di qualità ad un prezzo sotto i dieci euro. 

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