Il nuovo corso del Grechetto “Fiorfiore” della cantina Roccafiore di Todi.

Il piccolo evento enogastronomico che si tiene da qualche anno a Petrignano di Assisi per iniziativa della società di distribuzione “Bengodi” è stato l’occasione per una verticale assai interessante del Grechetto “Fiorfiore” della Cantina Roccafiore di Todi. Cinque annate di uno dei Grechetto più rinomati, apprezzati, se non il più rinomato dell’Umbria, più una sorprendente novità in anteprima. Ma andiamo per ordine…Intanto occorre ricordare che il Grechetto vinificato da Roccafiore è il clone G5, altrimenti detto Grechetto Gentile (Pignoletto in Emilia) meno muscoloso e più dotato di vena acida del fratello orvietano, il G109, ma più sensibile alle intemperanze stagionali per via della buccia un più sottile di quella dell’orvietano. Di vitigni Greco e Grechetto e dei due Grechetto umbri ho scritto in questo blog mesi orsono. bianco-fiorfiore-1

Da quando il “Fiorfiore” ha visto la luce, nel 2007, la scelta è stata quella di farlo affinare per 12 mesi in botti di rovere di Slavonia da 50 hl per “esaltare i punti di forza del vitigno e mascherare quelli deboli”, ha dichiarato il wine maker Luca Baccarelli. Dopo il legno, trascorre 4 mesi in bottiglia prima della immissione in commercio.
Le botti oggi utilizzate sono ancora quelle del 2007 e il loro potere “addolcente” e marcante, col tempo si è sensibilmente ridotto. L’annata 2009, la più vecchia in degustazione, mantiene ancora le dolci morbidezze impresse dal legno e freschezza e mineralità del frutto stentano ad emergere, pur presenti in retrovia. Mancante l’annata 2010, deterioratasi per colpa di una partita di tappi difettosa, si è passati alla 2011, figlia di una stagione calda come la precedente 2009: profumi di fiore e frutto che si declinano sui toni del giallo; bocca piena, corposa, densa, in cui le note salmastre, che ritroveremo sempre più scandite nelle annate più recenti, solo in parte riescono a vivacizzare il sorso carente in freschezza. La 2012 non è stata prodotta per le intemperanze climatiche di quell’annata, molto calda. La 2013 è un bel trait d’union tra le prime annate e le più recenti: aromi nasali da fiore e frutto maturi a cui fanno da contrappunto richiami di erbe aromatiche, salvia tra tutte; gustosa grassezza in bocca, figlia di una maturazione piena e di una stagione più calda.

La 2014 è l’annata di un cambio stilistico: se le vecchie botti hanno ridotto al minimo il loro contributo, per smussare gli spigoli del Grechetto si è ricorso alla malolattica su un 50% del vino. Il risultato, combinato all’annata piovosa e fresca, è stato un vino di una freschezza marcata, ma gradevole, in cui frutto agrumato, florealità sottile e mineralità si compenetrano e alternano con equilibrio.
Il cambio di stile, assolutamente positivo, si conferma con l’ultima annata, la 2015 che si differenzia dalla precedente per clima più caldo nel periodo di maturazione: qui primeggia il frutto, al naso e in bocca, ma è in bocca che esplode con densità e pienezza, quasi da masticare. La mineralità, più accentuata che in passato, riesce ad imprimere movimento e verticalità ad un vino che si presenta sfaccettato.
Protagonisti indiscussi delle ultime annate di “Fiorfiore” sono ormai il frutto e la mineralità propria di un vigneto di 25 anni le cui radici vanno a pescare a fondo il nutrimento più ricco.

Ma i cambiamenti a Roccafiore non finiscono qui. Nel 2014 si è avviato un nuovo esperimento con un 5% di uve del “Fiorfiore” per una produzione di nicchia (nemmeno 1000 bottiglie): pressatura a grappolo intero, fermentazione spontanea in legno, ancora malolattica, affinamento in tonneau da 500 l. per 8-9 mesi (non 12 come il “Fiorfiore”), due anni e mezzo in bottiglia (contro i 4 mesi del “Fiorfiore”). L’idea è quella di ottenere un vino più spostato sulla freschezza e l’eleganza e capace di sfidare la longevità.
L’assaggio in anteprima di questo esperimento ha dimostrato che l’obbiettivo è stato centrato: pur marcata, l’acidità risulta di estrema eleganza con la ormai consueta scia sapida che non maschera il frutto, anzi lo arricchisce e lo ravviva in un gioco di grande equilibrio e armonia di insieme, soprattutto se pensato in prospettiva. Davvero un ottimo vino, una specie di gemello eterozigote del “Fiorfiore”.

Trovo assai coraggioso il nuovo corso impresso al Grechetto di Roccafiore, sia nella consueta etichetta “Fiorfiore” che nella piccola sperimentazione.
La scelta di modificare l’imprinting di un vino che sin dalla sua prima uscita ha ottenuto consensi e riconoscimenti, la volontà di sperimentare nuove strade anziché solcare la medesima e più sicura, denotano una curiosità nell’approccio al fare vino che fa onore all’azienda. Complimenti davvero, soprattutto per i risultati.

Mi sia consentita un’autocitazione tratta dal mio precedente articolo sui Grechetto umbri: “[…] l’acidità del Grechetto G5, manchevole nell’altro Grechetto, ne favorirebbe una durata nel tempo tutta da sperimentare. […]”. Olè!

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