Può capitare che una delle poche trasmissioni tv a sfondo culturale, condotte con garbo e misura da un signore del parlar forbito e mai banale, Corrado Augias, prenda una cantonata colossale e in nome della scienza si trasformi in strenuo difensore dei vaccini (va bene), dei farmaci (rivà bene) e di tutti i prodotti di sintesi usati in agricoltura, ovvero pesticidi e anticrittogamici, fertilizzanti chimici e via così: non va bene per niente! La trasmissione in oggetto si chiama “Quante Storie”, ha una cadenza quotidiana e va in onda poco prima delle 13,00 su Rai Tre.
L’ospite del giorno, paladina della battaglia di cui sopra, è stata la scienziata farmacologa nonché senatrice a vita Elena Cattaneo che, per tautologica deduzione, incarna lei medesima l’industria farmaceutica di cui tanto ha sbandierato meriti (ne ha), ma non demeriti e limiti (ne ha altrettanti).
Al peana di lode alla chimica si è aggiunto lo sberleffo verso l’agricoltura biodinamica descritta come pratica stregonesca e di quella bio che, a detta della senatrice ricercatrice, sarebbe più inquinante dell’agricoltura che ricorre ai prodotti di sintesi: siccome, dice, l’agricoltura biologica ha minori rese dovrà per forza consumare più terra, ergo è malvagia (la dottoressa ha in mente solo l’agricoltura intensiva-industriale, non ha modelli alternativi in testa, non sa o non vuol sapere che gli agricoltori che praticano il biologico sono piccoli proprietari, che l’agricoltura bio si pratica solo su piccole estensioni. Ma anche se non fosse così, il consumo di suolo dovuto alle colate di cemento, di cui andiamo forte, non sarà peggio dell’espansione di suolo agricolo per giunta non contaminato da veleni? Mah…).
La trasmissione di Augias non prevede mai contraddittorio e solitamente è lo stesso conduttore a fare da “avvocato del diavolo”. In questo caso non c’è stato alcun tentativo di incalzare l’ospite con osservazioni tratte, magari, dall’esperienza di chi il biologico in agricoltura lo pratica da tempo e sa quali migliorie derivino al terreno non manipolato e contaminato da prodotti estranei alla natura; così come chi pratica agricoltura biodinamica sa che l’importanza data alle energie dell’universo per la salute delle piante, teorizzata da Rudolf Steiner, è accompagnata dal rifiuto totale di prodotti di sintesi, molto più rigoroso che nell’agricoltura bio certificata. Ma questo la dottoressa Cattaneo si è guardata bene dal comunicarlo, demonizzando la biodinamica come fosse solo una pratica esoterica condotta da sette di maghi ciarlatani.
È ovvio che il finto biologico vada scoperto e perseguito così come è ovvio che un prodotto da agricoltura biologica certificata costi qualcosa in più di un prodotto industriale. Ma è altrettanto risaputo che la somministrazione di prodotti chimici alla terra faccia male oltre che all’ambiente anche all’uomo che, spesso inconsapevolmente, li introietta attraverso i cibi; il che non equivale all’assunzione consapevole (si spera) di farmaci prescritti da un medico a scopo terapeutico, anche questi da assumere con misura e senza abuso (ma non si è parlato di quei farmaci che, periodicamente, vengono ritirati dal mercato perché dopo anni si scopre essere la causa di patologie ben più gravi di quelle che curavano).
Noi che ci occupiamo di vino conosciamo la differenza tra viticoltura convenzionale e quella cosiddetta naturale e sappiamo che tale differenza non riguarda solo la pratica agronomica seguita in vigna, ma anche la pratica di vinificazione in cantina. Sappiamo anche che il “Bio” certificato dal bollino con la fogliolina è piuttosto tollerante sull’uso dei prodotti di sintesi perché pensato per essere applicato anche su scala industriale, tanto che in caso di stagioni metereologicamente avverse si possono chiedere deroghe (ma moltissimi viticoltori con marchio “Bio” si attengono a regole molto più rigide di quelle previste dalla certificazione che, purtoppo, è l’unica riconosciuta per legge). Conosciamo tanti vignaioli e vignaiole che in nome del rispetto dell’ambiente e della salubrità del vino lavorano con il minor ricorso possibile, se non nullo, alla chimica in vigna e in cantina e chi tra loro è approdato a tali pratiche non invasive non è tornato indietro perchè ha sperimentato il risvolto positivo anche sul piano della qualità del vino.
Rai Tre annovera nel suo palinsento un’altra trasmissione dai toni garbati e misurati incarnati dalla conduttrice Sveva Sagramola affiancata da Emanuele Biggi: “Geo”. “Geo” è un programma con documentari e dibattiti in studio su natura, salute, gastronomia, scienza, tecnologia ma anche attualità e costume; gli approfondimenti sull’agricoltura e sull’alimentazione sono tra i più frequenti e il focus sulla salute dei consumatori con il richiamo ad un consumo di prodotti agricoli genuini, esenti da chimica, è quotidiano insieme alla valorizzazione del nostro patrimonio enogastronomico. Evidentemente Corrado Augias non guarda mai la trasmissione della collega di rete altrimenti saprebbe che ciò che di buono, sano e genuino abbiamo nel nostro ricco e antico assortimento agroalimentare ha salde radici in un’epoca in cui l’agricoltura era solo ed esclusivanente biologica.
Esimio dottor Augias, non contraddica la mission del suo stesso canale Rai e da persona amante della verità, faccia ammenda.
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