Perché le bottiglie da 330 ml di birra sono normalità e le mezze bottiglie di vino hanno tanta difficoltà ad affermarsi?
In realtà ne esistono più di quanto noi, frequentatori assidui dei luoghi del bere, possiamo percepire. Ho letto che persino Tenuta San Guido, Gaja, Jermann, Pieropan imbottigliano da anni in contenitori da 375 ml, il che sgombra il campo dalla pregiudizievole comparazione: bottiglie piccole, bassa qualità del vino. Anche perché è facile cadere in simile associazione di idee quando l’offerta più massiccia e nota di vini in bottiglie piccole è quella degli autogrill!
La solita Francia, dove il formato piccolo è consuetudine, ci sorpassa anche in questo (il nome corretto del formato da 375 è demi bouteille, mentre fillette è la bottiglina da 330 ml molto usata in Loira ), la Spagna idem.
Il freno, in Italia, non è rappresentato dai produttori, quanto dagli addetti al beverage che escludono l’opzione della mezza bottiglia dalla loro offerta di vino. E dire che invoglierebbe tanti clienti solitari, come spesso la sottoscritta, ad orientarsi verso quei luoghi del bere che in carta propongono bottiglie piccole di vino, ovviamente scelte con un criterio basato sulla qualità. Un vantaggio anche quando ci siediamo a tavola con commensali astemi o dai gusti poco conciliabili al nostro. Si dirà che la soluzione c’è sempre e si chiama vino al calice, ma la bottiglia da “sbicchierare” è sempre una discrezionalità del titolare che calcola, ovviamente, la sua convenienza e che ha buoni marigini di guadagno dal servire il vino al calice mentre noi, già al secondo bicchiere, spendiamo il costo equivalente di una bottiglia.
La mezza bottiglia è democratica e virtuosa: ha costi più abbordabili, mette d’accordo commensali dai gusti diversi, è alleata di bevute solitarie, è attenta al nostro tasso alcolico, ha maggiore facilità di stoccaggio e…non basta? Potrei aggiungere che la vedrei molto bene con il tappo a vite, anzi, sarebbe auspicabile per evitare di raddoppiare il consumo di sughero rispetto all’imbottigliamento standard tanto più che, in caso di vino da invecchiamento, la minor quantità di liquido velocizza i tempi di evoluzione e il sughero diventa davvero inutile (ammesso che sia utile nelle bottiglie più grandi). C’è poi l’opzione tappo a corona per i rifermentati e frizzanti, già in uso per le bottiglei da 750 ml.
Google mi dice che le ultime parole spese in rete sulla mezza bottiglia di vino, tutte in suo favore, risalgono a quattro o cinque anni fa: nel frattempo credo che poco o nulla sia cambiato. Va da sè che se gli addetti del settore la snobbano, le aziende avranno sempre meno interesse ad utilizzarla.
Come sempre il circolo vizioso può diventare virtuoso se sommelier, enotecari e distributori del vino prendono iniziative in controtendenza anziché cavalcare l’onda di un consumo omologato, ma rassicurante, soprattutto per le loro tasche; sono loro i comunicatori del vino più a diretto contatto con i consumatori ed è in loro potere proporre, consigliare, vivacizzare l’offerta, suggerire modi alternativi nella fruizione del vino (i vini rosati sono un’altra vittima illustre di questa mancata intraprendenza degli addetti del settore).
Chissà se un giorno succederà che l’oste ci accolga chiedendo se desideriamo bere un vino rosso, bianco o rosato e se lo vogliamo in bottiglia grande o in mezza bottiglia?
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